[Tratto da Enciclopedia degli spiriti giapponesi, di Shigeru Mizuki, edita in Italia da Kappalab]
All’inizio del Periodo Meiji, un ventenne rispettoso dei kami e amante della lettura, si lasciò alle spalle il paese natio di Sanuki per recarsi a studiare presso l’Ise Jingu. Giunto a Osaka si rese conto che ormai il sole stava tramontando e decise di pernottare in una locanda. Tuttavia l’alloggio che ricevette era sgradevole ed emanava un’aria davvero sinistra.
Giunse la notte. All’ora di ushimitsu, ovvero dall’una alle tre del mattino, all’improvviso il giovane avvertì dei brividi di freddo sulla nuca e in men che non si dica capì che qualcosa era montato sopra di lui. Si trattava di un’entità pesantissima, che il ragazzo non riusciva assolutamente a scrollarsi di dosso. Provò e riprovò più volte, ma quella cosa lo teneva inchiodato sopra al giaciglio. Fu allora che l’entità si girò su se stessa e gli lanciò uno sguardo. Grande fu il suo stupore, quando scoprì che si trattava di una figura col volto di una terrificante maschera hannya, la quale gli mostrò il suo ghigno demoniaco. Aveva un paio di corna, gli occhi rivolti all’insù e gli angoli della bocca che arrivavano a toccare le orecchie.
L’hannya fissò il viso del malcapitato e gli alitò addosso il suo respiro gelido. Il giovane era talmente inorridito che non riuscì nè a muoversi, nè tanto meno a proferire parola. Fu così che trascorse il resto della notte in preda al terrore, e la mattina successiva fece fagotto e si affrettò ad abbandonare la stanza. Quindi prese alloggio al dormitorio dell’Osaka Jingu, per allontanare l’orrore che aveva provato. Ma, trascorsa circa una settimana, l’hannya apparve di nuovo e ricominciò ad ossessionarlo, come aveva fatto alla locanda.
Esasperato, il ragazzo riuscì nonostante tutto a raggiungere Ise, anche se ormai era trascorso quasi metà anno dalla sua partenza. Giunto al santuario, il ragazzo pensò di essersi finalmente liberato dall’oppressione dell’hannya, consapevole che l’entità maligna non avrebbe potuto penetrare all’interno di quell’area sacra.
Eppure, trascorse tre settimane, l’hannya gli riapparve dinnanzi. Fu così che quel giovane senza speranze decise di abbandonare il santuario, e di lui si persero definitivamente le tracce.
Il precedente racconto era più inquietante. Anche questo è abbastanza deprimente, ma non provoca la stessa ansia.